LSP QUOTE: INTERVISTA A GIORGIO BELTRAMI

LSP QUOTE: INTERVISTA A GIORGIO BELTRAMI

Siamo orgogliosi di ospitare Giorgio Beltrami, professore a contratto presso l’Università Bicocca di Milano, consulente e formatore nonché esperto della metodologia LEGO® SERIOUS PLAY®.

Nel corso della sua carriera ha svolto più di 200 workshop e ha pubblicato un libro “LEGO® SERIOUS PLAY® Pensare con le mani. Valore per le persone, valore per le organizzazioni.” con l’obiettivo di aiutare la diffusione e la comprensione della metodologia.

Visto il comune obiettivo abbiamo chiesto a Giorgio di rispondere ad alcune domande sulla metodologia e vi anticipiamo che il contenuto delle sue risposte è di assoluto valore.

Leggete la nostra intervista e se volete approfondire vi consigliamo di acquistare il libro o di seguire Giorgio su Linkedin.

 

 

LSP days: Come spiegheresti a chi non lo conosce cos’è LSP?

GIORGIO BELTRAMI: Non lo spiegherei, lo inviterei a mettere le mani sui mattoncini per aiutarlo a capire quanto sia vero quello che sosteneva Maria Montessori: “le mani sono l’organo dell’intelligenza”. Quando devo illustrare il metodo, infatti, il contatto diretto con i mattoncini non manca mai.

D: Esistono delle regole da seguire durante un workshop LSP?

R: Si. Per me è molto importante all’inizio di un wp LSP ricordarle a tutti. No mobile e puntualità, che significa “sii presente, dedicati a te, ai tuoi colleghi, al tema su cui stiamo lavorando”, ma anche “rispetta il tempo dell’apprendimento, prenditene cura”. Una seconda regola è “fidarsi delle mani” proprio per quanto diceva Maria Montessori e anche perché – come ci ha insegnato Papert –  è costruendo qualcosa al di fuori di me che l’apprendimento avviene meglio, diventiamo parte attiva del processo di apprendimento. Una terza è “non si giudica”: i modelli non sono giusti, sbagliati, migliori, peggiori etc. sono ciò che sono e si discutono, non si giudicano. Infine, “le domande si fanno sui modelli e non sulle persone”. Ciò a salvaguardia delle persone stesse e della loro libertà di apportare il loro contributo originale e personale. Importantissimo poi è, all’inizio di un wp LSP, mostrare sempre il programma e gli obiettivi: non passi il messaggio che siamo qui per giocare. Siamo qui per lavorare.

D: Qual è il ruolo del facilitatore?

R: Il facilitatore facilita. Sembra banale, ma è così.  Non è un formatore e quindi non porta contenuti, ma porta domande che – a fronte di una buona progettazione – guidino il gruppo ai risultati attesi seguendo una precisa metodologia, quella appunto denominata LEGO® SERIOUS PLAY®. E’ l’arbitro perfetto: c’è ma non si vede, non diventa mai il protagonista.

D: Nel tuo libro racconti che al termine di una call per organizzare un workshop, il tuo interlocutore chiese: “Ma alla fine, i partecipanti cosa portano a casa?”. Il fatto che a differenza dei corsi di formazione tradizionali, non ci sono slide, prescrizioni e procedure da seguire causa diffidenza nei confronti del metodo? Nella tua esperienza, le aziende comprendono facilmente le potenzialità di LSP?

R: E’ una preoccupazione che si affaccia spesso nella fase di contatto con il cliente. Una formula che trovo interessante è quella di far seguire ad un wp LSP, un secondo step in cui si traduca quanto emerso durante il wp in operatività. Questo non toglie nulla al metodo, non lo inquina, anzi lo valorizza perché diventa la fonte ispiratrice di percorsi, azioni e interventi di “messa a terra”.

D: Qual è il risultato che deve aspettarsi un’azienda alla fine di un workshop LSP?

R: Dipende dagli obiettivi concordati. E quindi diventa fondamentale gestire al meglio il contatto preliminare con il cliente per comprendere al meglio i suoi bisogni. E’ da essi che discende la progettazione e quindi la definizione dei risultati attesi.

D: Perché un’azienda dovrebbe scegliere LSP? Quali sono i vantaggi rispetto agli altri metodi?

R: Non voglio dire che il metodo LSP è il metodo in assoluto. Sicuramente ha molti vantaggi e forse non li citerò neanche tutti: elevato ingaggio di tutti i partecipanti, velocità e concretezza, valorizzazione di risorse come creatività e immaginazione, rompere gli schemi e i silos, valorizzare la visualizzazione, attivare la parte emozionale delle persone, ridurre spreco di tempo e parole….ed è divertente.

D: Il metodo, che fa uso dei mattoncini LEGO®, non rischia di focalizzare l’attenzione sull’aspetto estetico della costruzione perdendo l’aspetto contenutistico?

R: A volte ci sono gruppi o persone che rischiano di focalizzarsi più sulla costruzione e sulla sua struttura che sul contenuto. Ma se il facilitatore è attento e bravo e ha svolto bene le attività di skills building ad inizio wp, il rischio è quasi nullo.

D: In un workshop di LSP, dopo la costruzione dei modelli individuali spesso è prevista la realizzazione di un modello condiviso. Generalmente nel momento in cui in un’azienda si cerca di trarre una sintesi tra i diversi punti di vista, tendono a prevalere gerarchie e ruoli e, per evitare conflitti, molti preferiscono rinunciare al proprio punto di vista. Come riesce LSP invece a far tesoro del contributo di tutti?

R: In un wp LSP non accade. Non accade perché il contesto ludico ha esso stesso un effetto di democratizzazione e di annullamento delle distanze. Inoltre le regole di cui ho detto prima, portate da un facilitatore esterno e non definite da un collega e comunque da una figura esterna, evitano il rischio che qualcuno monopolizzi le attività. Inoltre c’è sempre il facilitatore che deve farsi carico di garantire uno spazio sicuro per tutti evitando derive o “orfani” di figure troppo preponderanti.

D: Nel tuo libro fai una distinzione tra “Formazione” e “Facilitazione”, ci puoi spiegare la differenza?

R: La formazione è “da uno a molti”, la facilitazione “da molti a uno”. Cosa voglio dire. Che nella formazione c’è il titolare della conoscenza che la trasmette a chi è lì per imparare. Nella facilitazione c’è una domanda o un problema complesso (formalizzati dal facilitatore) e ci sono tante risposte possibili da esplorare.


D: Che diffusione ha il metodo in Italia?

R: Oggi è molto diffuso, noto e utilizzato. Ricordo quando negli anni 2013/14 giravo (anche gratuitamente) l’Italia per organizzare wp di presentazione del metodo e ricordo quanti partecipanti venivano incuriositi dalla novità. Ora non è più così. Ora la sfida non è far conoscere il metodo, ma preservarne la qualità. Ed è per questo che il 21 giugno 2019 tutti i facilitatori italiani sono chiamati ad incontrarsi per ragionare di “qualità” appunto.

D: Come vedi il futuro di LEGO® SERIOUS PLAY®?

R: In aggiunta a quanto detto prima sulla qualità. Immagino che come ogni metodo anche LSP avrà alti e bassi in termini di diffusione e notorietà. Ma certamente il fatto di essere vicino ad un atto così naturale come quello di costruire gli consentirà di avere sempre uno spazio di rilievo. Certamente sarà interessante vedere come contaminazioni ed esperimenti lo andranno a modificare in meglio, spero.

D: Ultima domanda… Qual è il tuo ricordo più bello o particolare legato all’utilizzo della Metodologia?

R: Sono tanti, tantissimi i ricordi belli. Ma certamente due testimonianze mi sono rimaste più impresse di altre. La prima: quella di un partecipante che alla fine di un wp mi disse “non so come hai fatto, ma oggi abbiamo lavorato noi…questo risultato è il nostro, ci appartiene”. La seconda: quella di una dirigente che rivolgendosi al sui AD disse: “sa che oggi finalmente non abbiamo parlato di budget, pianificazione, eventi etc. …finalmente abbiamo parlato di noi”.

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